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  • Immagine del redattoreDt. Gambino Andrea

IL SISTEMA DELLE STADIAZIONI


Movimenti ripetuti e posture mantenute sono riconosciute come le principali cause del dolore muscolo-scheletrico, tuttavia il fisioterapista in alcuni casi ha la necessità di conoscere il tessuto che è effettivamente danneggiato o dolente e quindi oltre ad identificare la causa deve identificare l’origine dei sintomi stessi.

Per descrivere il coinvolgimento dei tessuti biologici è stato sviluppato il “Sistema dele Stadiazioni” per la Riabilitazione.

Questo strumento aiuta i fisioterapisti a chiarire il livello di lesione o la fase di guarigione di ogni tessuto coinvolto e questa classificazione è abbinabile sia alle Disfunzioni del Sistema di Movimento che alle diagnosi pato-anatomiche di competenza medica.

È proprio il medico specialista a formulare la diagnosi di lesione delle diverse strutture anatomiche; la collaborazione con gli altri professionisti sanitari è fondamentale per il fisioterapista al fine di capire in che modo e quando intervenire, con quali precauzioni e secondo le modalità più adeguate.

Al fine di comprendere la stadiazione di un tessuto dobbiamo prima specificare i meccanismi lesivi di un tessuto biologico che dipendono:

1) dall’intensità dello stress fisico applicato,

2) dalla durata dell’applicazione dello stress,

3) dalle caratteristiche specifiche del tessuto.

Ad esempio, se su un tessuto si applica un’elevata intesità di stress per breve tempo, come può capitare nelle cadute, si parla di trauma acuto, nel quale il danno è immediatamente visibile e necessita un’adeguata protezione per la guarigione ed il recupero.

Se invece si applica uno stress tissutale basso per lunghi periodi, le alterazioni avverranno con tempistiche più lunghe; se le capacità di rigenerazione del tessuto sono maggiori rispetto al tempo che intercorre tra le successive sollecitazioni, i microtraumi non conducono ad un macrotrauma, mentre se il carico è applicato troppo frequentemente, si incorre in lesioni, definite spesso da overuse.

Tenendo presente le meccaniche lesive e le caratteristiche tissutali, il terapista deve identificare la stadiazione per effettuare una riabilitazione non solo mirata, ma soprattutto somministrando il giusto grado di stress, in quanto se un tessuto viene sollecitato troppo poco andrà incontro a ipotrofia o ipofunzionalità, se invece il carico è eccessivo, i tessuti saranno nuovamente irritati e quindi danneggiati.

Fig.1 Risposta dei tessuti allo stress secondo il modello di Mueller e Maluf, 2002

Entrando nello specifico delle stadiazioni, sono state individuate tre fasi che illustrano la quantità di protezione e di stress da applicare ad un tessuto danneggiato.

La Fase 1: indica uno stato di bassa soglia lesionale, ossia il tessuto è facilmente irritabile, in questa fa se i sintomi (severi) e le precauzioni da adottare precludono la possibilità di effettuare una valutazione approfondita e di conseguenza anche il trattamento risulta limitato. In questa prima fase si fanno ricadere di solito i i soggetti con esiti post chirurgici o che hanno subito un trauma. Quindi il livello di stress applicabile al tessuto è molto basso e lo scopo del trattamento sarà la protezione della lesione e la diminuzione dell’affezione algica.

La Fase 2: descrive uno stato di moderata soglia lesionale, in questo stadio è solitamente possibile effettuare un esame completo delle disfunzioni del sistema di movimento, anche se con alcune limitazioni. I pazienti in questa fase pur avendo una mobilità ancora limitata o dolente, solitamente, non presentano indicazioni precauzionali o limitazioni se non in casi post chirurgici. Risulta molto importante in questa fase applicare lo stress fisico adeguato in quanto una sollecitazione non adeguata limiterebbe la ripresa, poiché il tessuto non ha ancora caratteristiche fisiologiche di un tessuto sano.

La fase 3: il tessuto si presenta poco irritabile o vulnerabile con una elevata soglia lesionale. In genere in questa fase sono state rimosse tutte le precauzioni e l’esane oggettivo può includere la valutazione di attività sportive o lavorative. Il trattamento ha come obbiettivo il progressivo incremento delle sollecitazioni al fine di creare adattamento tissutale ed ipertrofia necessari per ristabilire il livello di funzionalità ottimale.

Per identificare in modo preciso la fase in cui collocare il nostro paziente possiamo utilizzare delle linee guida che comprendono i seguenti elementi:

Precauzioni e limitazioni: verificate le prescrizioni mediche, in fase 1 selezionare accuratamente i test eseguibili, in fase 2 le limitazioni tendono a diminuire dando più agio ai test, in fase 3 le precauzioni sono del tutto rimosse.

Dolore: dopo aver valutato la localizzazione e l’intensità, in fase 1 può essere utile valutare l’assunzione di farmaci in quanto la VAS può essere maggiore di 6/10; in fase 2 migliora la condizione dolorosa con una VAS 3-6/10; in fase 3 la VAS dovrebbe essere 0-3/10.

Aspetto e Cicatrice: valutare, se presente, la posizione, la mobilità e la sensibilità della cicatrice in quanto in fase 1 possono essere ipersensibili e retratte; è fondamentale valutare la presenza di edemi o lividi che possono limitare il movimento; in fase 2 le cicatrici dovrebbero essere meno irritate e sensibili, e l’edema in via di riassorbimento; in fase 3 le cicatrici devono essere morbide e mobilizzabili ,l’edema e i lividi potrebbero essere ancora presenti, ma in via di diminuzione.

ROM: devono essere valutati i movimenti sia attivi che passivi dell’articolazione interessata e di quelle adiacenti. In fase 1 il ROM sarà fortemente limitato; in fase 2, il range migliora anche se spesso non è ancora completo, mentre il dolore e la rigidità muscolare sono fattori limitanti; in fase 3 il range deve essere completo o in miglioramento secondo i termini del grado di recupero.

Forza e performance muscolare: è necessario valutare la forza muscolare dell’area coinvolta e di quelle circostanti. In fase 1, come già riportato, non possiamo eseguire i test di resistenza in tutti i distretti interessati dal problema, e possiamo ipotizzare che tendenzialmente risulteranno deboli; in fase2 è possibile che vi sia ancora un deficit di forza e che questo limiti le attività funzionali, ma si può iniziare un programma di lavoro; in fase 3 il reclutamento muscolare può essere ancora deficitario nelle attività ad alto livello di carico e il programma di lavoro può dover continuare anche per mesi.

Propriocezione ed equilibrio: in fase 1 è necessario tenere in riferimento le limitazioni e le precauzioni imposte e quindi introdurre un lavoro mirato e a basso carico; in fase 2 e 3, le attività che prevedono propriocezione ed equilibrio vanno introdotte gradualmente e modificate rispetto all’esigenza del paziente, nel prosegui, questi due elementi devono essere integrati anche durante la ripresa delle attività sportive o lavorative.

Lavoro/attività ad alto livello: l’obiettivo nella fase1 è quello di prevenire una recidiva del tessuto danneggiato e, quindi, un prolungarsi dell’assenza dall’ambito sportivo o lavorativo; in fase 2, anche se vi sono ancora delle limitazioni, è importante incominciare ad introdurre esercizi funzionali e simulazioni di attività specifiche; in fase 3, il paziente deve essere in grado di riprendere l’attività lavorativa o sportiva in modo completo.

Terapie fisiche: questi interventi sono applicabili in tutte le fasi, ma è importante darsi uno scopo nella scelta della terapia fisica che vogliamo somministrare al paziente.

Educazione del paziente: essendo il fisioterapista il responsabile del sistema di movimento, l’educazione del paziente deve essere l’aspetto essenziale per il programma di trattamento indipendentemente dalla fase in atto. Ad esempio, si dovranno impostare le posture per gli arti da mantenere declivi, oppure le precauzioni da adottare nelle attività funzionali, istruire il paziente a indossare e togliere un eventuale tutore, e soprattutto, in generale, bisogna sempre istruirlo sul modo corretto di muoversi per prevenire una recidiva o attuare azioni preventive.

In conclusione, possiamo affermare che conoscendo e classificando il paziente secondo questa stadiazione, il terapista puo impostare una terapia specifica per il paziente creando un iter riabilitativo che faciliti e promuova il recupero.

Durante il periodo di presa in carico, ovviamente, è importante rivalutare continuamente il paziente per modificare la diagnosi, la stadiazione, o il trattamento, ogni volta che sia necassario.

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