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  • Immagine del redattoreDt. Nappo Davide

STRETCHING E RIABILITAZIONE: FISIOLOGIA ED EFFETTI DELL'ALLUNGAMENTO MUSCOLARE

Aggiornamento: 5 set 2022


La precisione della meccanica articolare e la buona salute del sistema di movimento necessitano sicuramente di un buon equilibrio muscolare sia in termini di lunghezza che di forza: per questo gli esercizi di flessibilità ed estensibilità muscolare sono molto utilizzati in fisioterapia.

Tuttavia non bisogna dimenticare che altrettanto fondamentale è lo schema di reclutamento: un muscolo può sembrare corto o rigido semplicemente perchè non è in grado di rilasciarsi nel momento opportuno, oppure perchè la sua inserzione non viene fissata adeguatamente dai muscoli vicini.

È quindi innegabile che le tecniche di allungamento muscolare, spesso erroneamente riunite in maniera generica sotto il termine "stretching", possono dare un contributo importante per il processo terapeutico in riabilitazione.

Le attività svolte nella vita quotidiana hanno un'enorme importanza nel determinare le lunghezze e la funzione muscolare e, a lungo andare, possono contribuire a condurre ad uno stato doloroso, in quanto i movimenti ripetuti e le posture prolungate inducono alterazioni tessutali che possono diventare patologiche.

Gli impiegati, ad esempio, proprio perchè costretti per diverse ore al giorno in posizione seduta, renderanno molto facilmente lunghi i propri estensori di ginocchio e, al contrario, corti i propri flessori dell'anca. Allo stesso modo i falegnami o gli operai sulle catene di montaggio vanno facilmente in contro a posture asimmetriche della colonna perchè sono soliti compiere gesti ripetuti in una specifica direzione oppure perchè utilizzano attrezzi anche pesanti, che portano la muscolatura di un lato del tronco a diventare più rigida e trofica per garantire la necessaria stabilità al lato più dinamico. Anche gli sportivi sono esposti ad alterazioni asimmetriche: basti pensare ai giocatori di golf o ai tennisti che spesso sviluppano rotazioni anche evidenti a livello toracico.

Ovviamente la lunghezza del muscolo influisce anche sull'erogazione della forza e sulla capacità di produrre tensione a determinati angoli. Un muscolo troppo lungo non sarà in grado di generare tensione vicino al massimo accorciamento, caratteristica fondamentale per i muscoli stabilizzatori, mentre un muscolo corto non permetterà all'articolazione di raggiungere la massima escursione. Le tecniche di allungamento, quindi, possono contribuire a correggere o ridurre queste alterazioni, ma dovranno essere applicate in maniera graduale, specifica nei segmenti interessati e, sopratutto, nelle modalità giuste. Purtroppo pazienti ed atleti utilizzano in maniera spesso scorretta, inutile o addirittura dannosa le tecniche di stretching: alcuni luoghi comuni attribuiscono alle tecniche di allungamento effetti in realtà inesistenti come il miglioramento della forza e del recupero nello sportivo, fino alla prevenzione e alla cura dei traumi. Vero invece è che il muscolo in condizioni di lunghezza ideali sfrutta al massimo il rapporto forza-lunghezza in rapporto alle articolazioni che attraversa.

Fig. 1: Forza attiva e tensione passiva in relazione alla lunghezza del muscolo

Al di là del grosso problema metodologico di applicazione ed esecuzione delle tecniche di allungamento è necessario puntualizzare la grande differenza che esiste tra rigidità ed accorciamento muscolare. Nel primo caso il muscolo ha una intrinseca predisposizione ad opporsi all'allungamento dovuta ad una serie di fattori intra ed extracellulari, oltre che alla tixotropia (resistenza viscoelastica temperatura dipendente); la rigidità è tanto maggiore quanto velocemente avviene il movimento, ma con modalità appropriate è possibile allungare il muscolo fino al range fisiologico; in caso di muscolo corto, invece, è la strutturale mancanza di elementi strutturali in serie (sarcomeri e collagene) a limitare il range di movimento ROM.

Per combattere la rigidità si possono utilizzare tecniche di stretching dinamico a breve termine. Un calciatore con muscoli ischio-crurali ipertrofici e rigidi, ad esempio, per ridurre la tensione nella loggia posteriore della coscia potrà utilizzare brevi allungamenti attivi mediante la contrazione dell'antagonista con poche ripetizioni a bassa velocità d'esecuzione.

In caso di muscolo corto , invece, si deve necessariamente mantenere una posizione di allungamento per almeno 20-30 minuti consecutivi per diverse volte al giorno, altrimenti non si produrrà uno stimolo sufficiente a depositare sarcomeri in serie. Quindi, un soggetto che lavora come impiegato ed è solito sedersi con i piedi sotto la sedia, condizione che determina un accorciamento adattivo degli ischio-crurali, ha la necessità di ripristinare un range fisiologico dell'estensione del ginocchio dovrà mantenere staticamente la posizione seduta vicino alla posizione di minima tensione per periodi di 20 minuti più volte al giorno.

Fig. 2: La tecnica di stretching isometrico che prevede di mantenere la posizione per alcuni secondi vicini

ad una sensazione di leggera tensione è tra le più usate, ma non è tra le più efficaci per ridurre la rigidità

Fondamentale per il raggiungimento e il mantenimento dei risultati sarà poi l'associazione di esercizi per l'accorciamento del muscolo antagonista, presumibilmente troppo lungo; nell'esempio appena citato il soggetto, eseguirà serie ripetute di leg extention vicino alla massima estensione del ginocchio per accorciare i vasti del quadricipite.

Oltre al lavoro muscolare, il passo successivo deve essere necessariamente la correzione delle posture mantenute e dei gesti ripetuti, pittosto che la correzione tecnica del gesto sportivo, per poter mantenere l'allungamento ottenuto e sostenere la rigidità dei rispettivi antagonisti e sinergisti .

Poichè le attività di fitness e ricreative più o meno agonistiche sono sempre più praticate, anche da coloro che non hanno una preparazione accurata e sono quindi più esposti al pericolo di traumi, è importante valutare la presunta capacità dello stretching di prevenire gli infortuni.

Studi hanno dimostrato che non esiste un effetto protettivo dell'allungamento muscolare prima o dopo la prestazione: Van Mechelen e coll. valutarono una popolazione di 320 corridori per 16 settimane e il gruppo che non aveva effettuato alcun tipo di riscaldamento, stretching o defaticamento fece riscontrare meno infortuni del gruppo sperimentale che effettuò queste pratiche costantemente (4.9 contro 5.5 infortuni ogni 1000 ore di allenamento). Anche Lally scoprì che nei maratoneti (600 soggetti) gli infortuni sono più frequenti (+ 35%) in coloro che praticano stretching. Altri studi condotti su reclute dell'esercito non mostrano differenze significative nell'applicazione di allungamento muscolare durante l'addestramento al fine di prevenire i traumi.

In caso di abbinamento dello stretching all'esercizio fisico occorre ricordare che l'allungamento eseguito in maniera intensa prima dell'esercizio produce alcuni effetti potenzialmente negativi sulla prestazione muscolare:

- riduzioni della forza resistente e della forza veloce

- riduzione dell'elevazione nel salto

- riduzione della forza e dell'attività EMG del muscolo per circa 1 ora

Tra gli effetti potenzialmente dannosi della pratica dello stretching si ricorda anche:

- una possibile decoordinazione agonista-antagonista dovuta all'inibizione di un gruppo muscolare che risulterà svantaggiato rispetto al suo antagonista

- un'inibizione della sensibilità dolorifica che ridurrebbe la possibilità di percepire eventuali avvisaglie di possibili traumi prima dell'evento acuto

- microtraumatismi nella struttura cellulare muscolare e nel collagene con effetti simili a quelli dell'allenamento di forza

- il fenomeno del "creeeping" tendineo cioè un orientamento del collagene lungo la direzione del tendine che lo rende più lungo, ma meno elastico; nel tendine d'Achille sano il collagene ha un certo orientamento obliquo rispetto alla direzione del tendine e questo gli garantisce una minima elasticità protettiva in caso di iperstiramento; dopo lo stretching passivo questa proprietà di riserva elastica è perduta per diverse ore.

Tuttavia occorre ribadire che l'allungamento è importante per correggere diverse disfunzioni muscolari. La condizione ideale è eseguire le tecniche di allungamento lontano dalla seduta di esercizio o attività sportiva.

Evitando di eseguirlo prima della fase attiva dell'esercizio, può essere utilizzato anche post esercizio ricordando che lo stretching costituisce un lavoro adattivo impegnativo per il muscolo.

Nelle persone affette da dolore muscolo-schelettrico il fisioterapista può valutare con opportuni test la necessità di allungare o semplicemente rendere più flessibile uno o più gruppi muscolari, proponendo strategie idonee, tempistiche e dosaggi degli esercizi. Per i soggetti sani e sportivi il consiglio è di non eseguire lo stretching nelle fasi del riscaldamento, ma di abbinarlo eventualmente alla fase finale delle sedute di allenamento meno impegnative.

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